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brevi considerazioni intorno a passo biblico

Otto nomi, otto insegnamenti

 Otto nomi, otto insegnamenti

Colosseso 4:15

 Si può egli dar qualcosa ­di più umile. di più insignificante, vorrei quasi dire, di quel che Tichico fu chiamato a fare per l’opera di  Dio! Portare una lettera! Sta bene che il viaggio era lungo, difficile; nondimeno, diciamolo pure, Sono pochi quelli che nel semplice << esser mandati apposta a portare una lettera >>  non vedrebbero un incarico che poco s’addice alla nobiltà del ministerio cristiano. Eppure quant’era importante la missione di Tichico! Quante cose il tempo ha distrutte da queigiorni ad oggi! Ma sulle rovine di cui l’uomo ed il tempo ha seminato la via di tanti secoli di storia, la Lettera ai colossesi risplenda come un raggio di luce sempiterna e divina.Una grande lezione ci dà dunque Ti­chico. Le cose più umili. più apparentemente in­significanti, diventano grandi, sublime. se fatte per una causa nobile e santa.

Anche Onesimo ha qual­cosa da insegnarci. Chi mai riccuoscerebbe nel <<fedele e caro fratello Onesimo>>, lo schiavo ladro e fuggiasco dì Frigia? Questo è un vero e proprio caso di risurrezione morale, operata dal Cristo del Vangelo. Felici coloro dei quali si può dire come Onesimo:… <<Era morto ed è tornato in vita. era perduto ed è stato ritrovato (Luca 15: 24)

Poco sappiamo di Aristàrco. poco di Marco e nulla di Gesù detto il Giusto: ma questi tre nomi rimangono  rimarranno nella storia delle lotte combattute per la libertà cristiana. come tre nomi  di eroi. Chi può ridire il martirio morale ripro­vato da questi tre figli d’Israele quando comin­ciarono a capire che per seguire Cristo bisognava uscire dall’ombra di quel tempio ch’era per loro il divino monumento e della gloria nazionale e’ della religione de padri? E’ chi può ridire il loro sgomento, quando, entrati nel campo di quel cri­stianesimo  che avrebbe dovuto assicurare un po’ di requie alle loro anime stanche,si trovarono invece dinanzi al bivio: O con Paolo o contro Paolo? e   nella necessità di scegliere per impugnare di nuovo le armi? Ma soffrirono e vinsero: e mostrarono  una volta di più che la verità non è il premio dei  codardi, ma è il premio degli  eroi che sanno conquistarla. Impartiamo da  Aristarco che l’amicizia vera va fino al sacrificio della propria  libertà per la persona amata:

da Marco che ogni atto im­prudente ed ogni caduta hanno in Cristo la pos­sibilità d’una nobile riabilitazione:

da Gesù  detto il Giusto. che degli eroi della fede. quand’anche tutto il resto si perda nell’oceano del tempo il nome pur sempre rimane, vivida e puro, come stella mattutina.

(v.11-13) C’insegni Epafra che se non tutti possiamo scrivere una lettera come questa di Paolo: che se non tutti possiamo.

 Come Tichico. intraprendere un viaggio lungo e faticoso per far del bene a de fratelli lontani; c’è una casa  cosa però che possiamo far tutti: Pregare affinchè quelli che conoscono Cristo. i <<perfetti e pienamente persuasi, stiano fermi in tutta la volontà di Dio>>

 Impariamo da Luca ad esser fedeli l’un l’altro d’una fedeltà che sfidi i pencoli, e che tanto più eroica sì dimostri quanto più tremendo avvampa l’incendio.

 l’esempio di Dema non c’incoraggi a scagliare  im­properi alla memoria di un povero infelice   ci persuada piuttosto. e questo basti, che lo star fermi e saldi nell’agone della fede vai meglio del lasciarci illudere dalle parvenze allettatrici d’un mondo fallace.

Quando è importante che riconosciamo e apprezziamo la sovranità di Dio, perché le cose più modesti. più esteriormente in­significanti, diventano grandi, distinte. se fatte per una causa nobile e santa.

Pastore Cesare Turco

 
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Pubblicato da su 13/06/2013 in Meditazioni

 

E la Parola è diventata carne

 E la Parola è diventata carne

” E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità;”. Giovanni 1:14

Sono parole brevi ma sconfinate, che ci portano in alto sulle ali del mistero fino a farci provare una gioiosa vertigine. Esse si ispirano all’ardito Vangelo di Giovanni appena proclamato.

1.E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi…

 

Quale mistero! Mai nella storia umana è echeggiato un fatto uguale: il Signore dell’universo il Creatore del Cielo e della terra,  ha assunto la carne mortale, ha abbracciato la nostra condizione umana. Gesù Cristo, il figlio eterno di Dio si è fatto esotico e ha percorso l’immensa distanza tra il Cielo e la terra, tra il Creatore e la Creatura. Ed è giunto! Ha posto la sua dimora in mezzo a noi, accanto alla vita di ogni uomo. Mistero incomprensibile dell’amore che si fa presenza e condivisione!

La venuta storica di Gesù non è stata una visita passeggera: Egli pianta la sua tenda accanto alle nostre, si stabilisce nel mondo per abbracciare dal di dentro la vita di ognuno e salvarla. In Lui si manifesta non un Dio qualsiasi, astratto e generico, ma il Dio dal volto umano che si fa parola sonante, diventa Vangelo; in Lui risplende la gloria del Padre.

E qual è la sua gloria? Non altro che amare perdutamente gli uomini; essere misericordioso verso tutti; offrirsi come la nostra felicità oggi e domani, per sempre. Da quel momento chiunque vuole ritrovare il senso della sua vita, gli è facilmente possibile, basta aprire gli occhi e accorgersi che Egli, il sommo Creatore per eccellenza, non si è mai allontanato dalla Sua Creature, oggi, la Sua preziosa presenza e ancora più tangibile per mezzo del Suo amato Figlio Cristo Gesù l’Emmanuelle che è benedetto in eterno.   Ma noi desideriamo stare con Lui? E’ questa la domanda che dovremmo porci seriamente davanti al realtà della Sua grazia salvifica. Non permettiamo all’indifferenza egoistica di alimentare nel nostro animo, il cancro del disinteressamento spirituale.

2. “ ma a tutti quelli che l’ hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nomeGiovanni 1:12

  Queste poche parole pronunciano il fine ultimo della venuta di Cristo Gesù nel mondo, che oltre a  portarci l’assoluta prossimità di Dio, ci permette di riacquistare quella dignità che il peccato ci ha portato via: attraverso l’opera di redenzione del nostro Signore Gesù Cristo, nel quale riceviamo la grazia di essere figli Suoi se lo riconosciamo Signore e Salvatore delle nostre anime, che supera di gran lunga l’essere creati a sua immagine e somiglianza. L’uomo, non solamente può ricevere la grazia del perdono e   di conseguenza la salvezza dell’anima, ma in Cristo può ottenere l’adozione e abrogare la solitudine e calzare in diritto di essere adottato: ha un Padre. E’ questo il motivo di tanta gioia: la gioia diventa stupore grato, dono, servizio, annuncio a tutti   “avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà”    Efesini 1:5.

La fede cristiana rivela dunque non solo il vero volto del Dio-Amore, ma anche il vero volto dell’uomo. Il volto di Cristo, infatti, è inseparabilmente il volto di Dio nell’uomo e il volto dell’uomo in Dio. C’è oggi un grande bisogno di riscoprire chi è la persona umana che sembra essersi smarrita nel labirinto dei dubbi e del relativismo culturale. Cresce purtroppo una visione puramente naturalistica e materialistica dell’essere umano, giungendo quasi a sopprimere la differenza qualitativa tra noi e il resto della natura. Si tende così ad eliminare la dimensione spirituale e trascendente della persona fino a identificare Dio con le forze del cosmo. Ma così si espone l’uomo a diventare mezzo e non fine, oggetto a disposizione di strumentalizzazioni di tipo tecnologico o scientifico, politico o religioso.

Possiamo giustamente dire che per mezzo della venuta del nostro Signore e salvatore Gesù Cristo, sul piano della fede nasce la salvezza e sul piano umano inizia quell’umanesimo integrale che sarà il centro della spiritualità nel cuore dei cristiani e che ancor oggi – nel Suo popolo – costituisce l’ethos sostanziale, cioè il modo di sentire la vita, la morte, gli altri. Di questo messaggio Evangelico Cristiano siamo tutti destinatari, custodi e messaggeri. Il Vangelo Annunciato e ricevuto nella sua totalità della Sua essenza, potrà continuare ad essere lievito di umanesimo e di civiltà, se questa potenza Evangelica non sarà ridotto a pia tradizione, a un ricordo nostalgico, o peggio a museo della storia; ma  sarà vissuto e testimoniato dai cristiani nella coerenza della loro vita privata e pubblica, consapevoli che molti valori nel campo della vita e della famiglia, della concezione della persona e dello Stato, anche se sono illuminati dalla fede, sono parte del bagaglio della buona ragione.

“ma a tutti quelli che l’ hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome”. Queste parole Divine ispirate dallo Spirito Santo all’apostolo, che esaltano mirabilmente la   sublime gratitudine dell’amore di Dio verso la Sua creatura, assumono un atteggiamento degno di  essere considerate e ritenute.  Il dono assolutamente gratuito dell’amore di Dio non elimina né attenua la libertà dell’uomo che ne è destinatario. Al contrario, questa libertà la esige e la sollecita. Qual è la nostra risposta? L’accoglienza della signoria del divino Evangelo non è pesante, ma dolce.

Carissimi, guardando il  nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, ascoltando e ritenendo nel nostro cuore le sublime parole che Esso ci suggerisce, non possiamo non rientrare nel numero di quelli che “Lo hanno ricevuto”, e godere il privilegio di esse “suoi figli” senza trascurare la responsabilità di valorizzare la dignità che essa comporta.

Pastore  Cesare Turco

 
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Pubblicato da su 06/06/2013 in Meditazioni

 

La Certezza della Salvezza

La Certezza della Salvezza

Nessun credente può svilupparsi nella conoscenza delle cose di Dio se manca della certezza della propria salvezza. In una gara di tiro alla fune è essenziale per i giocatori di essere saldi se vogliono mantenere la presa (Fil.4:1; Gal.3:5; 1.Cor16:13). Il Cristiano è un credente. Come Paolo egli può dire: << Io ho fede in Dio che mi avverrà come mi è stato detto>> (Atti 27:25). La sua sicurezza è fondata su quando segue.

Per prima cosa egli ha dato fede a Dio per ciò che gli concerne.

La fede  rimodella i pensieri profondi, le credenze segrete, e trasforma il comportamento affettivo e il  patrimonio intellettuale, non è vincolata dalla razionalità anzi, la supera. Non ci si aspetta di capire per credere, ma si crede per poter capire. Così l’intelligenza è attiva nella scoperta del piano della grazia di Dio che si concentra su Gesù Cristo. Lui è «il primo e l’ultimo», l’uomo umiliato e il Figlio del Dio eterno. Il Signore, non è un Dio a misura d’uomo, un prodotto delle idee o della fantasia umana. Egli è l’Iddio i cui i pensieri oltrepassano totalmente ciò che l’uomo  posso immaginare. Per questo è necessario, abbandonare la pretesa di fare della ragione il giudice finale. È indispensabile ascoltare umilmente il Signore. Egli parla per mezzo della Bibbia; se si ha fiducia in quello che dice, anche intelligenza sarà soddisfatta, per questo si può confermare che, il cristiano  ha creduto, cioè, di essere peccatore e bisognoso di perdono; di essere perduto e bisognoso di salvezza; consapevole e sprovvisto della grazia Divina; cieco e necessitante di luce; scacciato e privo di riconciliazione; malato e bisognoso di medico; morto è bisognoso di vita (Rom. 3:10-19,23; Ef.2:1-8).

Secondo, ha avuto fede in Dio per ciò che riguarda Cristo.

Il cristiano sa bene che il Signore, non chiede «opere», ma «fede ». ed è questa che lo porta a credere che Dio lo ha amato e lo ama tuttora, ha compreso che il sacrificio di Cristo ha soddisfatto la santità di Dio. Accettare con fede il sacrificio del Signore vuol dire credere senza avere alcun dubbio che Egli è morto sulla croce per i peccati del mondo. La fede non dubita, non discute; la fede prende Dio in parola. «Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato» (At.16:31): ecco la meravigliosa promessa della grazia di Dio. «Poiché è per grazia che voi siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi;è il dono di Dio» (Ef.2:8). Cristo Gesù è il Salvatore del mondo, lo ha insegnato Cristo stesso, è stato predicato dagli apostoli. L’Evangelo è chiamato anche: «La parola della fede» (Rom.10:8) perché promette il perdono di Dio e la vita eterna a chi crede in Gesù Cristo. « avendo pur nondimeno riconosciuto che l´uomo non è giustificato per le opere della legge ma lo è soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù, abbiamo anche noi creduto in Cristo Gesù affin d´esser giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della legge, poiché per le opere della legge nessuna carne sarà giustificata» (Gal.2:16). Il Signore per mezzo di Cristo converte i cuori. La conversione è un cambiamento di direzione, il rinnovamento della mente e dei  pensieri. Infatti, prima di conoscere la Bibbia che mette a nudo lo stato di peccato, c’è nel cuore dell’uomo l’indifferenza,  Ma quando arriva la Sacra Parola, lo Spirito Santo, illumina, tocca le coscienze e rende chiara la perversa condizione dell’anima. Allora le opinioni cambiano. Quello che prima si faceva con disinvoltura, adesso turba; il male che prima si valutava con leggerezza, adesso si è portati a riflettere.  

Terzo, ha creduto in Cristo

Quando, questi, viene raggiunto dallo Spirito Santo, inizia l’opera di convincimento, il credente confessa di essere un peccatore perduto e colpevole, egli ha creduto che  Cristo portò i suoi peccati sulla croce e mori al suo posto; accettandolo per fede una volta per tutte come salvatore personale e Signore della propria vita (1.Giov.1:12; 10:9-10). Per il credente è perciò un beneficio il sapere, basandosi sull’autorità della Bibbia, che è salvato (atti 16:31; Ef.2:8), che fruisce la vita eterna (Giov.3:16) e la sicurezza per ciò che riguarda l’avvenire (Giov.10:27-30). La Sacra Bibbia non menziona mai di qualche cosa come “il sentimento di essere salvati” ma della certezza di essere salvati. Questa consapevolezza è basata interamente sulla Parola di Dio, che dichiara: “io vi ho scritto queste cose affinché sappiate che avete la vita eterna, voi che credete nel nome del figliolo di Dio” (1.Giov.5:13). Questa conoscenza, o sicurezza, reca gioia al credente. Perciò la Bibbia stessa ci mostra le nostre necessità di peccatori e rivela Cristo come il salvatore che ci è necessario, dando a colui che crede la certezza della salvezza e della sicurezza in lui. L’opera di Cristo sulla croce assicura la nostra salvezza e la parola di Dio, ci ne da la certezza.

Pastore Evangelico Cesare Turco

 
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Pubblicato da su 13/09/2012 in Meditazioni

 

L’ADOZIONE

                                                                                   L’ADOZIONE
 
avete ricevuto lo Spirito di adozione, mediante il quale gridiamo: ” Abbà! Padre!”(Rom.8:15)
 
I° IL SIGNIFICATO DI ADOZIONE   Gal.4:1-5
                                                                Adozione è una delle parole più neglette nelle trattazioni dottrinali, ed è raro anche udire un sermone sull’adozione; eppure si tratta di una verità di grande valore per i credenti ed occupa un posto di rilievo nel N.T. Non c’è dubbio, infatti, che la condizione di figliolo adottivo di Dio sia un importante ele­mento della ricchezza della grazia divina.
 
  1. I credenti, appena giunti alla fede e alla nuova nascita, sono chiamati bambini in Cristo.                     
                             a. Essi devono nutrirsi del latte della Parola per crescere: “Come bambini pur ora nati, appetite il puro latte spirituale, onde per esso cresciate per la salvezza” (1 Piet.2:1,2).
 
                              b. Paolo afferma che i doni dello Spirito, per i ministeri della Chiesa, sono dati per il perfezio­namento dei santi “affinché tutti siamo arrivati… allo stato d’uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo; affinché non siamo più dei bambini, sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina… ma che, seguitando verità in carità, noi cresciamo in Ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo” (Ef.4:11-16).
 
                 2. Negli eterni disegni e propositi di Dio, Egli mandò il Suo Figliolo, nato di donna, “per riscattare quelli che erano sotto la legge, af­finché noi ricevessimo l’adozione di figlioli” (Gal.4:5).
 
                                   a .  Dio ha deciso che tutti i credenti del N.T.divengano Suoi figlioli adottivi (Ef.1:5).
 
                                   b. Ma, come Paolo precisa in Gal.4:8-11 e Col.2:16-23, alcuni ritor­nano ai poveri elementi del mondo, sostituendo alla guida dello Spirito Santo e alla vita nello Spirito mediante la fede le opere della carne, l’osservanza di giorni particolari e di pratiche ascetiche e l’esaltazione della sapienza e della volontà umana.
 
                  3. I servi ubbidiscono perché sono soggetti a regole e regolamenti, i figlioli, invece, ubbidi­scono perché amano e riveriscono il loro padre. I figlioli di Dio ubbidiscono perché sono con­dotti dallo Spirito Santo, si rendono conto che la volontà del Padre è la migliore e che la Sua via è l’unica via.
 
                                     a. Nei Salmi, al Cristo viene attribu­ito il detto: “Dio mio, io prendo piacere a far la Tua volontà” (Sal.40:8). Anche i credenti, come figlioli di Dio, prendono il loro diletto nel fare la volontà del Padre come Gesù, loro fratello maggiore.
 
                                       b. Procedere di vittoria in vittoria vivendo nello “stato di figlioli” è la vita nello Spirito. è una posizione meraviglioso davanti a Dio. Non c’è da meravigliarsi che Paolo ammonisca a non abbandonare questo stato privilegiato, non si deve restare o ritornare ai “deboli e poveri elementi” del mondo.
 
                                        c.   La vita nello Spirito viene vissuta arrendendosi ogni giorno a Dio, secondo la Sua Parola; non sta nelle risoluzioni e negli sforzi umani. Che la volontà di Dio si realizzi o meno nella vita dei credenti dipende dal grado in cui essi sottomettono a Lui la loro volontà:   Perciò, uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il Signore, e non toccate nulla d’impuro; ed io vi accoglierò. E sarò per voi come un padre e voi sarete come figli e figlie, dice il Signore onnipotente”(II Cor.6:17-18).
 
II° LA DEFINIZIONE DELL’ADOZIONE (Gal.6:7; Ef.1:5,6) 
                                                                                                                                                            La parola  adozione, nelle vostre versioni della Bibbia, traduce il termine greco HUIOTHESIA che significa letteralmente “stato di figlio”. Questo termine appare cinque volte nel N.T. (Rom.8:15,23; 9:4; Gal.4:5; Ef.1:5). Quanto si parla di adozione, viene in mente una coppia di coniugi che, attraverso pratiche legali riesce ad accogliere come figlio un bam­bino con cui non la nessun legame di sangue.      Non è questo il concetto di adozione nel N.T.
 

“L’ado­zione nel N. T., si riferisce alle usanze greche e romane per le quali un padre, quando il figlio diventava maggiorenne, lo insediava ufficialmente nella posizione di figliolo. Fino a quel momento egli era stato un fanciullo che differiva pochissimo dai servi, da quel momento veniva riconosciuto figlio e pro­clamato erede, associato al padre. In quel giorno svestiva per sempre le sue vesti di fanciullo e indossava la toga virilis, ossia la veste di uomo.

 In questo modo, il Signor Gesù Cristo è venuto a dare l’adozione di figlioli prima ai Giudei e poi ai Gentili che avessero creduto in Lui ricevendolo come Salvatore e Signore.”
 
                    1. L’adozione non è un termine che indica tanto un rapporto, quanto uno stato Attraverso la rigenerazione i credenti diventano figlioli di Dio; attraverso l’adozione essi vengono posti nello stato di figlioli, cioè vengono ricono­sciuti e trattati come tali.
                                 a. La rigenerazione con­siste in un mutamento di natura; la giustificazio­ne in un mutamento della propria posizione dinanzi a Dio;
q l’adozione in un mutamento di stato;
q la santificazione in un cambiamento di carattere,
q La giustificazione è l’atto di Dio quale giudice;
q l’adozione è l’atto di Dio quale Padre.
 
                    b.  La parola adozione è usata soltanto da Paolo; altri scrittori del N. T. parlano dei figlioli di Dio, ma soltanto Paolo parla dell’adozione a figlioli, o, più letteral­mente, dell’introduzione nello stato di figlioli.
 
                    c.  Adozione è il termine che la Bibbia usa per precisare lo stato del figliolo di Dio: per mezzo della fede in Cristo i credenti diventano non solo figli di Dio, ma anche eredi di Lui legalmente riconosciuti.
In un ceno senso l’adozione è per sua natura eterna, nel senso, cioè, che nel piano di Dio il credente è adottato fin da tutta l’eternità (Ef.1:4-5).
 Un noto evangelista, afferma che come l’in­carnazione fu preordinata, ma avvenne nel tem­po, come l’Agnello fu immolato prima ancora della fondazione del mondo ma in realtà morì soltanto sul Calvario, così l’adozione dei cre­denti fu decisa nell’eternità, ma avviene di fatto quando il credente passa attraverso la rigenerazione. Perché allora ricordare l’aspetto eterno della adozione.

                2. Per escludere le opere e dimostrare che la salvezza dell’uomo ha le sue origini unicamente nella grazia di Dio (Rom.9:11; 11:5.6).
                                a. Dunque, l’adozione avviene ab eterno ma ha effettivamente luogo al momento opportu­no, quando ciò che era potenziale diventa attua­le nella esperienza del credente: “affinché noi ricevessimo l’adozione di figlioli” (Gal.4:5); “siete tutti figlioli di Dio, per la fede in Cristo Gesù” (Gal.3:26).
Il momento dell’adozione è quello in cui l’uomo crede nel Signor Gesù Cristo.
                                b. Tutta via, sotto un altro punto di vista la pienezza della nostra adozione è tuttora futura: “Poiché sappiamo che fino ad ora tutta la crea­zione geme insieme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, anche noi stessi gemiamo in noi medesimi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo” (Rom.8:22,23).
                               c. C’è al presente una resurrezione spirituale che anticipa la futura resurrezione fisica; allo stesso modo, l’adozione spirituale del credente anticipa la sua adozione, fisica, la redenzione del suo corpo. “La nostra cittadinanza è nei cieli, d’onde anche aspettiamo come Salvatore il Signore Gesù Cri­sto, il quale trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della Sua gloria” (Fil.3:20,21).
 
III° LA DESIDERABILITA’ DELL’ADOZIONE  Rom.8:14-17
                                                                          L’adozione è desiderabile perché reca con sé molte benedizioni.
  1. La convinzione del credente d’essere figlio di Dio in Cristo è un motivo fonda­mentale per rallegrarsi “nella speranza della gloria di Dio” (Rom.5:2); 
2. I suoi diritti erano stati perduti a causa del peccato, ora sono stati ristabiliti legalmente;
3. Ancora lo spirito di servitù e di paura è scomparso e ha lasciato il posto alla gioiosa consapevolezza che il credente è un figliolo di Dio, poiché lo Spirito Santo stesso glielo attesta (Rom.8:15-16).
4. Come figliolo di Dio, il credente ha la certezza di essere erede di Dio e coerede di Cristo (17).
 
Lo Spirito Santo non solo attesta la nostra figliolanza da Dio (16), ma ci conduce anche a vivere come figlioli di Dio (14). Egli ci assicura, inoltre, che goderemo la gloria futura come figli di Dio (Rom.8:18-25).
“Io stimo che le sofferenze del tempo pre­sente non siano punto da paragonare con la gloria che ha da essere manifestata a nostro riguardo” (18). “Quando Cristo, la vita nostra, sarà manifestato, allora anche voi sarete con Lui manifestati in gloria” (Col.3:4).
“Quando verrà per essere in quel giorno glorifi­cato nei Suoi santi e ammirato da tutti quelli che hanno creduto” (2 Tes.1:10)
 
                                 a.  Brani come questi ci dicono non soltanto che noi vedremo la gloria del Signore, ma che ne saremo anche partecipi e saremo glorificati in Lui. Le parole umane non riescono a descrivere che cosa sarà la gloria che sarà manifestata per noi, ma sappiamo che saremo glorificati con Cristo, che condivideremo la Sua gloria, che appariremo con Lui in gloria.
 
                     b. Tutte le nostre sofferenze, per quanto grandi possano essere state, non saranno nulla nel gran giorno in cui Cristo verrà e la nostra redenzione sarà compiuta. L’intera creazione aspetta il giorno della “manifestazione dei figlioli di Dio” (19).
 
                      c. Le schiere angeliche, le creature della terra e del mare e perfino le montagne e le colline invocano questa manifestazione. L’urlo dei venti attraverso le foreste, i mug­giti degli armenti, gli ululati dei cani, il grido dell’intera creazione di Dio esprime l’attesa della manifestazione dei figlioli di Dio, cioè della “adozione, la redenzione del nostro corpo” (23).
Sono queste le glorie che dovranno essere rivelate.  I figlioli adottivi di Dio, però, godono di grandi benedizioni anche nel presente. “Le benedizioni dell’adozione sono troppo numerose per menzionarle, se non nel modo più breve” sono:
                1. “Noi siamo gli oggetti dell’amore particolare di Dio (Giov.l7:23) e delle Sue cure  paterne (Lu.12:27-33)”.
  1. “Noi portiamo il nome di famiglia divina (I.Giov.3:1;Ef.3:14,15),
  2. portiamo in noi tratti della famiglia di Dio (Rom.8:29);
  3. ab­biamo l’amore per la famiglia di Dio (Giov.13:35; 1 Giov.3:14),
  4. uno spirito filiale (Ro­m.8:15; Gal.4:6) e la prontezza a servire che è propria di quanti sono della
               famiglia di Dio (Giov.14:23,24; 15:8).”
6.Noi riceviamo le punizioni paterne (Eb.12:5-11),
  1. Il conforto paterno (Is.66:13,2; Cor.1:4)
  2. e  l’eredità paterna (1 Piet.1:3-5; Rom.8:17)”
 
IV°  I SEGNI DELL’ADOZIONE
                                                           L’adozione si manifesta con diversi segni.
1. Tutti quelli che sono condotti dallo Spirito di Dio, sono figlioli di Dio” (Rom.8:14)
                   a. Questo segno di adozione, costituito dalla guida dello Spirito Santo, è molto importante. Purtroppo a volte succede che alcuni credenti, stando al tempo nel quale è durato il loro rappor­to con Dio, dovrebbero essere adulti e invece, nella loro reale esperienza cristiana, sono ancora bambini (Eb.5:12-14).
                 
  b. I figlioli di Dio hanno bisogno di diven­tare consapevoli dei privilegi che hanno in Lui. Non hanno con Dio un rapporto di schiavitù, ma, come figlioli, si danno volontariamente a Gesù Cristo quale Suoi servitori. Essi sono consapevoli di non essere dei servitori salariati, ma dei collaboratori nella Sua opera.
                 
  c. I suoi interessi sono i loro interessi ed essi parteciperanno mai profitti dell’opera comune, quando Egli ritornerà portando le ricompense per quelli che gli sono stati fedeli. E’ tempo che i figlioli  di Dio abbandonino i loro modi infantili e siano Veri figlioli ormai maggiorenni, per godere come eredi di Dio nella comunione col Padre, il quale è padrone dell’intera creazione, col Figliolo il quale è il Capo della chiesa, e con lo Spirito Santo che qui sulla terra rappresenta la Trinità.
                   
d. Vivere come figli di dio richiede la crocifissione dell’io e l’abbandono a Dio.
La vita deve essere ancorata alla Parola eterna di Dio e condotta dallo Spirito Santo. Rivestiti di un’autorità celeste e ardenti di passione per Cristo, i figlioli di Dio svolgono i loro compiti piccoli e grandi con la certezza, data loro dalla fede, di stare ubbidendo alla volontà di Dio.ù
 

Roben Lee scrive: “La guida da parte dello Spirito è il sentiero nel quale procedono i figlioli di Dio, il segno della loro realtà di figlioli e il privilegio collegato a questa realtà.

 “Lo Spirito Santo li conduce nella verità di Dio, nella famiglia di Dio, nella liber­tà’ di Dio e nella volontà’ di Dio”.
E perché’ siete figlioli, Dio ha mandato lo Spirito del Suo Figliolo nei nostri cuori, che grida: Abba, Padre” (Gal.4:6); “avete ricevu­to lo spirito d’ adozione, per il quale gridiamo: Abba! Padre!” (Rom..8:15).
 
Questo non e’ un nome formale e distante, che una persona estranea attribuisce alla divinità; non e’ il grido del gentile al Creatore, né quello del Guideo a Jahveb. E’ una parola che indica intimità ed affetto. Non e’ meraviglioso che il grande Dio dell’universo sia il nostro “Padre”?
 
Dio brama che noi realizziamo pienamente la nostra figliolanza divina e la manifestiamo nella nostra vita di ogni giorno.
 
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Pubblicato da su 22/08/2012 in Meditazioni

 

LA SICUREZZA

LA SICUREZZA

(Eb.5:9-10)

“Essendo stato reso perfetto, divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono, autore di salvezza eterna”,

 I° L’OPERA DÌ CRISTO RENDE SICURI  –  Eb.7:25

                              La sicurezza del credente è in Cristo e il credente ne deve essere consapevole. Essa deri­va dalla fede e dalla dedizione a Cristo come Salvatore Signore e riposa sull’opera redentrice da Lui compiuta, poiché la salvezza ottenuta da Cristo per il credente, mediante il sangue che ha versato sul Golgota, è completa.

 1. Il credente non può fare nulla per accrescere quest’opera, nepuò ridurne la potenza di purificazione dal peccato: è sua per essere ricevuta come un libero dono di Dio, offertogli per amore e per grazia. Si ha un senso di sicurezza tenendosi saldi sulla “roccia dei secoli”, perché attorno al cre­dente tutto può venire scrollato, ma Cristo Gesù. la Roccia, è incrollabile: Egli non muta mai.

 a.                  Cristo è venuto per dare pace e riposo: “Io vi lascio pace; vi do la mia pace, io non vi do come il mondo dà; Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti” (Giov.4:27).

b.  Conoscere 1’amore e la preoccupazione di Dio per il suo bene dà al credente una grande sicurezza. In Cristo e per mezzo di Cristo il credente trova riposo, speranza e sicurezza per il tempo e per l’eternità; egli non può trovare sicurezza in quello che fa per Dio, ma soltanto in quello che Dio ha fatto per lui.

 II° LA PAROLA DI DIO RENDE SICURI  (I Giov.5:13)

                                                                          L’immutabile Parola di Dio è per i credenti un’ancora sicura. Nella sua epistola Giovanni dichiara: “Io v’ho scritto queste cose affinché sappiate…”.

                1. Dio non può venire meno, le Sue promesse sono sicure. Poiché la Sua Parola ga­rantisce la salvezza a chiunque crede, si può essere sicuri che cosi avverrà; si tratta soltanto di regolarizzare il proprio rapporto con Dio mediante la fede nella Sua Parola, la divina Parola e per i credenti il titolo di proprietà della vita eterna, si può perdere questo diritto solo allonta­nandosi da Dio e tornando ad una vita di peccato.

 a.  L’autore della lettera agli Ebrei promette una sicurezza reale (6:17-19). In questi tre soli versi si trovano i seguenti termini: cose immutabili, potente consolazione, rifugio, speranza ancora sicurezza”.

Per garantire un ancoraggio sicuro, durante le notti tempestose del viaggio della vita, occor­rono quattro cose.

 1.       Un’ancora sicura e solida: l’ancora della speranza resisterà’ ad ogni strappo.

 2.       Bisogna avere un ancoraggio sicuro: se l’ancora di una nave si aggrappa saldamente alle profondità del mare, l’ancora del credente si fissa al trono di Dio nei cieli.

 3.       Occorre che l’ancora abbia una catena o un cavo ben solido e tale è la Parola Dio, la cui promessa è confermata “con un giuramento: “E’ impossibile che Iddio abbia mentito”.

 4.       E’ necessario che la nave trattenga saldamente l’ancora: le Scritture esortano i credenti ad “afferrare saldamente la speranza” che gli è posta dinanzi.

 1. Si è sicuri in Cristo, indipendentemente dalle situazioni esteriori e dai sentimenti interiori, se soltanto si tiene fermamente la speranza. I marinai sanno fare nodi molli forti e, tra quanti ne fanno, ce n’è uno che diventa più forte ad ogni strappo: è quello che essi chiamano il “nodo piano“.

 a.  Anche i credenti debbono legarsi alla sicura Parola di Dio con un “nodo piano” un nodo, cioè, che tenga e che si faccia più forte ad ogni prova.

 b. Non si può ancorare una nave gettando l’an­cora nella nave stessa; l’ancora deve essere get­tata fuori dalla nave e deve agganciarsi a qualco­sa che la trattenga saldamente.

 c. Allo stesso modoi credenti non possono pensare di trovare la loro sicurezza in se stessi: la possono trovare soltanto nella Parola di Dio.

 III° L’UBBIDIENZA ALLA PAROLA  RENDE SICURI   (Eb.5:9; Mat.24:12,13; Rom.2:6,7; 1 Cor.15.2; Ap.2:10).

             Il credente accetta Cristo come mediante un atto della propria volontà, e con un atto di volontà può anche respingerLo in seguito. La Bibbia insegna che nulla dal di fuori può separare il credente dall’amore di Cristo (Rom.8:25-39), ma insegna anche che egli può staccarsi da Cristo con un atto della propria volontà che lo induca alla disubbidienza.

 1.  Se ne parla molto nell’A.T., ma appare anche nell’insegnamento del N.T. L’A.T. mette ripetutamente in guardia contro il pericolo di abbandonare l’Eterno; Ezechiele dice: “Se il giusto si ritrae dalla sua giustizia e commette l’iniquità e imita tutte le abominazioni che l’empio fa, vivrà egli? Nessun­o de, suoi atti di giustizia sarà ricordato; per la prevaricazione di cui s’è reso colpevole e per il peccato che ha commesso, per tutto questo, morra” (18:24);

“Maledetto l’uomo… il cui cuore si ritrae dall’Eterno” (Ger.17:5).

 a. Il N. T. dà numerosi avvertimenti contro l’abbandono della fede; Gesù con tutti gli scrittori del N.T. danno questo avvertimento.

 1. Gesù ha detto: “Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; codesti tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano” (Giov.15:6; 2,5). Ogni credente nato di nuovo è un “tralcio nella vite”, che è Cristo.  Egli dà loro la vita eterna, ma la loro vita eterna, la loro sicurezza eterna sono condizionate al loro dimorare in Cristo.

 

2. Paolo ha insegnato che C’è la possibilità di scadere dalla grazia: “Non sapete voi che se vi date a uno come servi per ubbidirgli, siete servi dì colui a cui ubbidite, o del peccato che meno alla monte o dell’ubbidienza che mena alla giu­stizia?” (Rom.6:16).

 a.  Se i credenti si abituano a cedere al peccato, diventano schiavi del pecca­to e di Satana e non sono più servi di Cristo. Questa verità è riaffermata in Rom.8:13: “Se vivete secondo la carne, voi morrete; ma se mediante lo Spirito mortificate gli atti del corpo; voi vivrete”.

b. Scrivendo a Timoteo, suo figlio nella fede, Paolo afferma: “lo Spirito dice espressamente che nei tempi avvertire alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori, e a dottrine di demoni” (1 Tim.4:1) ed esorta Timoteo a ricordare “queste cose ai fratelli” (6).

c. Paolo usa anche Israele come esempio per la Chiesa. Mette in evidenza il fatto che Dio agisce nei riguardi della Chiesa come ha agito con Israele, se i credenti si comportano come fece Israele: “Se Dio non ha risparmiato i rami natu­rali, non risparmierà neppure te. Vedi dunque la benignità e la severità di Dio, la severità verso quelli che sono caduti; ma verso te la benignità di Dio, se pur tu perseveri nella Sua benignità; altrimenti, anche tu sarai reciso (Rom.21,22).

 3.  Pietro dà un avvertimento ed usa un’im­magine piuttosto forte: “Se dopo esser fuggiti dalle contaminazioni del mondo mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo, si lasciano di nuovo avviluppare in quelle e vin­cere, la loro condizione ultima diventa peggiore della prima. Perché meglio sarebbe stato per loro non aver conosciuta la via della giustizia che, dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santo comandamento ch’era loro stato cinto. E’ avvenuto di loro quel che dice con verità il proverbio: il cane è tornato al suo vomito, e: la troia lavata è tornata a voltarsi nel fango (2 Piet.2:20-22).

 a. L’apostolo parla di quelle per­sone che erano entrate nella “via della giustizia” ed erano “fuggite dalla contaminazione del mondo“, ma sono poi ritornate alle sozzure del peccato e, “lasciata la diritta strada, si sono smarrite” (15).

 4. In Ebrei 10:29 si legge: “Di qual peggior castigo stimate voi che sarà giudicato degno colui che avrà colpestato il figliolo di Dio e avrà tenuto per profano il sangue del patto con quale è stato santificato, e avrà oltraggiato lo Spirito della grazia?”.

E’ una cosa terribile questa pos­sibilità che qualcuno possa rinunziare all’Evan­gelo e contristare lo Spirito Santo in modo tale, che Dio debba abbandonare alla cecità spiritua­le e all’indurimento del cuore.

a. Una persona incomincia a prendere il via allo sviamento quando incomincia a diventare negligente nella sua vita cristiana. Quando, poi, sceglie di vivere il peccato, è ormai così lontano che perde il suo posto in Cristo, Gal.5:17-21 Paolo dà una lista di peccati, dichiarando che “quelli che fanno tali cose non crederanno il regno di Dio” (21). Se cadiamo nel peccato, c’è speranza per noi solo se siamo disposti a confessare e abbandonare il nostro peccato: “Se confessiamo i nostri peccati. Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1 Giov.1:9).

 La nostra sicurezza è fondata sul nostro rapporto col Signore, dipende dal nostro dimorare in Lui. Si può perdere questa unione vitale, staccandosi da Lui un po’ alla volta o abbandonandoLo decisamente.

 In Cristo i credenti hanno salvezza e sicurezza finché ascoltano la Sua voce e Lo seguono. La natura umana è fragile, ma migliaio di credenti rendono testimonianza alla grazia abbondante ed alla potenza di Dio per la quale possono vivere una vita cristiana. La loro sicurezza sta nel non contristare in Lo Spirito Santo che dimora in loro.

 Pastore Cesare Turco

 
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LA VIA DELLA VITTORIA

LA VIA DELLA VITTORIA 

 I Giovanni  5:1-15

  “ Poiché tutto quello che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede” (v.4).

Sarà sicuramente capitato a tutti di incontrare delle persone “religiose” che af­fermano di possedere la verità, ma che, in realtà, sono vittime di una grande confusione dottrinale. Alcune di questi sono in buona fede, bramosi di servire Dio, tuttavia sono tristemente sviati dalla verità. Per quando forse gli hai presentato la fede nel nostro Signore Gesù Cristo che libera dalla schiavitù del peccato e ci dà forza nel cammino cristiano, questi sono rimasti terribilmente con le loro convinzioni.

 Questi problemi erano presenti purtroppo fin dai tempi degli apostoli, soprattutto a causa degli gnostici, che seguivano una corrente filosofica detta appunto gnosticismo. Il loro errore principale consisteva nel negare che il Signore Gesù fosse il Figlio di Dio. Purtroppo attualmente ci sono gruppi analoghi, e anche se si identificano con nomi diversi,  questi tentano sempre di distorcere la dottrina della salvezza cercando di minare quella concernente la divinità di Cristo. Per quando la loro dottrina viene mischiata diabolicamente con la veri­tà, in modo da renderla credibile e conquistare così la fede dei sem­plici, certo è che non ostacolerà la via della salvezza che è semplice ed eterna.

Nessuno, per quanto si sforzi, può fare opere buone sufficienti per essere salvato, solamente la fede in Cristo può redimere le anime. I cristiani vivono per fede la loro vita, vestiti dell’armatura divina riescono a vincere ogni battaglia (I Giov.4:4). Nei momenti difficili confida­no in Dio che puntualmente li aiuta a vincere ogni difficoltà, e quando sono ten­tati, superano la prova grazie all’aiuto di Gesù. La vita dei redenti è vittoriosa, Gesù è presente in loro per rendere ogni loro giorno un giorno di vittoria.

 1. Fede per convertirsi

 Una delle tante false dottrine che si diffuse durante il primo secolo e che purtroppo oggi ha una ripresa, sosteneva che Cristo non poteva essere vero Dio e vero uomo. Questi sostenevano che Gesù era un essere puramente umano e che Cristo era un essere puramente divino. Più tardi la loro dottrina si evolse in modo da insegnare che la base della sal­vezza non era la fede ma la “conoscenza”. La verità che Gesù è vero uomo e vero Dio è il fondamento della nostra reden­zione. Ciò che crediamo di Gesù è indispensabile per la nostra salvezza. Per fede dichiariamo che Gesù è il Cristo, il Figlio dell’Iddio vivente. In questa dichiarazione di fede, non vi è nessuna misteriosa o speciale “conoscenza”, ne l’invocazione a nostro favore di alcuna nostra opera buona che ci apre la via della salvezza, se non l’intima sicurezza che ci viene rivelata e confermata dallo Spirito Santo, mediante la Bibbia.

I sostenitori di questo falso insegnamento, sostenevano di amare Dio, ma smentivano che Gesù fosse Suo Figlio e Dio stesso. Essi pensavano che un essere spirituale non potesse generare un essere materiale come Gesù uomo, di conseguenza non riconoscevano la Sua divinità. Se una persona ama veramente Dio, ama anche Suo Figlio e tutti i credenti, questo è il documento d’identità  dei cristiani.

“Dio è amore”, l’amore è l’artefice di ogni cosa creata, compreso l’uomo. Se Dio ci ha così amati, anche noi dobbiamo amare Dio e il nostro prossimo, perché, “chi non ama, non ha conosciuto Dio”.

 2. Fede per superare le difficoltà

 L’orgoglio, la concupiscenza della carne e degli occhi, sono la fonte della “mondanità”(I Giov.2:16). Per quando i desideri egoistici si oppongono alla volontà di Dio, la nostra vittoria e certa, solo se il nostro sguardo di fede è stabile sul Signore.

Le esigenze della vita quotidiana come il lavoro, la scuola ecc. ci portano a stare in contatto con persone attirate dai piaceri mondani, questi non solo non conoscono Cristo, ma non si rendono nem­meno conto di essere vittime dell’inganno diabolico.

 Stando a contatto con persone del genere, la nostra vita, di conseguenza si espone alle tentazioni di questo mondo.

Ricordiamoci che siamo figlioli di Dio, e che siamo stati dal Signore se­parati dal mondo per vivere una vita irreprensibile ed in ubbidienza ai Suoi comandamenti. La fede ci aiuta a vincere ogni prova che siamo co­stretti ad affrontare.

Sono molti coloro che giustificano i lori errori incolpando altri, non dimentichiamo che i veri responsabili delle nostre azioni siamo noi stessi, anche se qual­cuno ci induce a compierle.

Il nostro combattimento non è metaforico, ma reale; è una battaglia spirituale, il cui esito designerà la vita o la morte eterno. E’ un conflitto importantissimo per ciascuno di noi. In questa belligeranza spirituale la fede è la nostra arma (2.Cor.10:4).

Giovanni dichiara che Il Signore Gesù è venuto con acqua e sangue (I Giov.5:6), questa espressione significa che Egli era Figlio di Dio al momento del battesimo (acqua) ed era ancora il Figlio di Dio al momento della crocifissione (sangue). Queste due importantissime verità bibliche sono la base della nostra fede, che si deve opporre a qualsia­si falsa dottrina che nega la natura umana e divina del Signore Gesù Cristo.

 3. Fede nella Parola di Dio

 Prima di rivelare la mendacità di una persona, sono necessarie delle prove che reggono questa affermazione. Per natura prestiamo fede a quello che la gente dice, anche perché sarebbe immaginabile considerare lo stato della nostra vita se non dovessimo mai credere a quello che gli altri dicono. Ebbene, coloro che non credono alle parole di Dio, di fatto Gli danno del bu­giardo. E’ più facile per l’uomo accettare ciò che gli altri dicono, che credere alla Parola di Dio. Se dunque siamo così pronti a credere ciò che gli Uomini ci dicono perché dovremmo essere meno pronti a cre­dere alle parole di Dio? In Romani 3:4 è scritto “sia Dio riconosciuto ve­race, ma ogni uomo bugiardo“.

Credere alla Bibbia significa viverla è non un semplice fatto mentale, esso coin­volge tutta la persona perché gli dà vita eterna.

Molti credono che Dio c’è (persino Satana lo crede), eppure proseguono a vivere come se Egli non esistesse. Giovanni dichiara che: “Chi ha il Figliuolo ha la vita, chi non ha il Figliuolo di Dio, non ha la vita” (I Giov.5:12).Coloro che, come gli schernitori della Verità rifiutano di credere nel Signore Gesù, restano nella loro condizione di morte spirituale. La nostra cognizione e che il Signore si interessa alla nostra vita e ai problemi che essa comporta, abbiamo inoltre la sicurezza che attraverso la preghiera qualsiasi cosa chiediamo secondo la Sua volon­tà Egli ci esaudisce, (1.Giov.5:14).

 Gli oppositori  della verità  purtroppo oggi sono molti, la loro audace diabolicità sfocia nella presunzione di conoscere la via della salvezza, insegnando così dottrine del tutto estranee alle verità bibliche.     Qualsiasi “dottrina” che aggiunge o toglie qualcosa al semplice messaggio dell’Evangelo, non è verità. La vita esuberante promessa dal Signore Gesù ha come fondamento la fede in Lui: vero figlio e vero uomo. Per quando la realtà degli ostacoli e presente nel corso della nostra vita cristiana possiamo sempre confi­dare nell’aiuto di Dio. Questa è la fede che si rivela essere sempre la via della vittoria.

  Cesare. Turco

 
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Pubblicato da su 22/08/2012 in Meditazioni

 

CRISTO GESU IL NOSTRO INTERCESSORE

CRISTO GESU IL NOSTRO INTERCESSORE

Padre santo, conservali nel tuo nome, essi che tu m’hai dati, affinché siano uno, come noi

(Giovanni 17:11).

 INTRODUZIONE

                             La preghiera di Cristo rivela il Suo amore ed il Suo interesse per la Chiesa. La preghiera sacerdotale che Gesù elevò al Padre è un incoraggiamento per tutti i credenti che affrontano difficoltà e ostilità in questo mondo. In quei frangenti, possono rimanere fiduciosi e continuare a servire Dio per­ché Egli certamente si interessa dei loro problemi, manifestando la Sua cura e la Sua protezione. Quando consideriamo che le sofferenze immi­nenti della croce non offuscarono l’interesse di Gesù per i discepoli, com­prendiamo la grandezza e la profondità del Suo amore. Egli pregò per loro affinché fossero custoditi dalla potenza del Padre e realizzassero una perfetta unità, manifestando la vera natura di quell’amore che Cristo aveva partecipato loro. Il mondo sarebbe stato attirato a Lui da quell’a­more.

Quella preghiera d’intercessione fu pronunciata non soltanto per i discepoli di quel tempo, ma è stata fatta per ogni persona che crede in Cristo Gesù e si affida alle Sue cure per vivere fedelmente in questo mondo. Quel ministerio di intercessione così importante, cominciò sulla terra, ma continua ancora oggi a favore di tutti i Suoi discepoli.

 1. CRISTO È FEDELE (Giovanni 17:1-8)

                                        “L’ora è venuta“. Queste parole di apertura della preghiera di Gesù non sono semplicemente un annuncio della Sua imminente tribolazione e morte, ma rivelano che Egli ha il completo controllo di ogni cosa, assicu­rando che la Sua opera non può essere impedita da alcuno. Quell”‘ora” era stata decisa insieme al Padre prima della creazione del mondo e l’uomo non poté né ritardarla né affrettarla; essa mostra, in modo eviden­te, la sovranità di Dio sulla storia e sull’uomo. Inoltre quell”‘ora” dimo­stra che piano dettagliato progettato da Dio dall’eternità, fu da Cristo Gesù perfettamente adempiuto.

           1. I primi versetti descrivono un’intima conversazione con il Padre, in cui Gesù ricorda la loro eterna intimità e la gloria che aveva lasciato tempo­raneamente per poter venire sulla terra. Dovendo affrontare un’ ora in cui mani malvagie lo avrebbero trattato brutalmente, Egli sapeva di aver rice­vuto dal Padre ogni autorità e che i Suoi aguzzini potevano fare soltanto ciò che Dio avrebbe permesso loro. La conclusione dell’opera terrena di Gesù era a sole poche ore di distanza, tuttavia Egli era sostenuto nel Suo spirito dalla consapevolezza di aver glorificato il Padre sulla terra non avendo lasciato nulla di incompiuto nella Sua missione. Gesù fu fortifica­to anche dalla gloria che lo attendeva oltre la croce.

            2. Dal v. 6, Gesù iniziò la Sua preghiera di intercessione per i discepoli. Essi erano usciti “dal mondo” per seguirlo. Ciò significa che si erano separati per l’incarico speciale che avevano ricevuto e, nonostante le loro mancanze, avevano osservato la parola del Padre. In una certa misura avevano compreso la relazione tra il Padre e il Figlio, accettando le paro­le di Gesù come date da Dio. Questi uomini erano parte integrante del piano del Padre, perché avrebbero portato avanti l’opera di Gesù dopo il Suo ritorno al cielo.

            3. Nella preghiera di Gesù vediamo, inoltre, forti accenni alla Sua fedeltà, che si manifestò nel compiere tutto ciò che il Padre si aspettava dal Suo ministerio terreno. Egli era stato fedele nel preparare i discepoli facendoli crescere spiritualmente affinché adempissero la loro missione.

 2. CRISTO PREGA PER I SUOI (Giovanni 17:9-20)

                                                  Gesù stava lasciando il mondo, ma questi uomini sarebbero rimasti ad affrontare lotte, persecuzioni e pericoli. Satana avrebbe diretto le sue frecce infuocate contro di loro per scoraggiare la loro opera e impedir loro di annunciare l’Evangelo. Tuttavia, Gesù non pregò che fossero tolti dal mondo, perché ciò sarebbe stato contrario al Suo scopo, ma che il Padre li custodisse nel Suo “nome” per proteggerli dall’ostilità del mondo e dall’odio del diavolo.

            1. Il nome dì Dio rappresenta il Suo carattere e si riferisce al Suo amore, alla Sua fedeltà, alla Sua santità, alla Sua onni­scienza e alla Sua onnipotenza. Essere custoditi nel Suo nome, significa venire circondati e protetti da tutto ciò che Dio è e può fare.

La potenza di Dio si sarebbe manifestata visibilmente custodendoli nonostante l’osti­lità che li avrebbe circondati.

            2. Gesù pregò  inoltre per l’unità tra i discepoli poiché voleva che fossero perfettamente uniti nello stesso modo in cui Egli e il Padre lo sono. Per mezzo dello Spirito Santo avrebbero potuto essere uno nello scopo, negli intenti e nei desideri per la gloria di Dio. Se questi uomini fossero stati abbandonati a loro stessi sarebbero già stati sconfitti. La loro debolezza si era spesso manifestata, dimostrando che non sempre avevano agito come discepoli del Salvatore, tuttavia, Gesù li aveva custoditi. Solo Giuda aveva scelto di ribellarsi, ma gli altri erano ancora dalla parte di Cristo.

             3. Il termine santificazione significa: “mettere da parte per scopi santi“, cioè per il servizio di Dio. I discepoli venivano santificati dalla Parola per compiere l’opera alla quale Gesù li aveva chiamati. Questa verità ci fa comprendere che se vogliamo mantenere la nostra separazione dal mondo ed essere utili a Dio, dobbiamo essere pieni della Parola. Il suo potere santificante è stato dimostrato attraverso i secoli nella vita di moltissimi credenti che si sono lasciati guidare dalla Scrittura ed hanno servito Dio con fedeltà.

              4. Il v. 20 mostra che l’intercessione di Gesù includeva chiun­que avrebbe creduto in Lui. La Sua preghiera di intercessione in questo passo non è che un barlume dell’opera di intercessione che Egli porta avanti incessantemente nel cielo. Nonostante le prove che stiamo affron­tando, possiamo riposare nella certezza che Cristo ha presentato le nostre preoccupazioni al Padre.

 3. LA PREGHIERA DI CRISTO PER L’UNITÀ (Giovanni 17:21-26)

                                                                     Gesù pregò che l’unità tra i Suoi seguaci fosse modellata secondo quel la che realizzano il Padre e il Figlio. Nel v. 21, Egli indicò che il “pari sentimento” tra i credenti avrebbe permesso al mondo di credere in Lui. Tale unità non può essere forzata né stabilita per mezzo di regole, ma viene attraverso l’unione con Cristo. Inoltre questa unità non è organizza­tiva, come quella che propone l’ecumenismo, ma spirituale. Non è una unità cosmetica o di facciata; piuttosto è una unità di cuore, di mente, di propositi. In poche parole è unità di spirito, così come è descritta da Paolo nella lettera agli Efesini (4:2-6).

               1. Quando Gesù è il centro dei nostri desideri ed interessi, non soltanto siamo attirati a Lui, ma ci sentia­mo più vicini ad altri cristiani. I credenti sono uno perché hanno uno spi­rito diverso dal mondo; essi hanno ricevuto una nuova natura quando sono nati di nuovo per mezzo dello Spirito Santo. Questa preghiera copre tutte le età della Chiesa fino ad oggi: è la Sua preghiera per noi!

                2. Il grande desiderio di Gesù in quel momento era rivolto al giorno in cui sarebbe stato insieme ai Suoi discepoli per sempre. Entro poche ore sarebbe stato separato da questi uomini che Lo avevano seguito; dopo la Sua risurrezione sarebbe tornato al cielo da cui era venuto e i discepoli non avrebbero potuto seguirlo per ora, tuttavia sarebbe venuto il giorno in cui tutta la Sua Chiesa avrebbe raggiunto il Signore nella gloria. A volte pensando al cielo, immaginiamo cose che non sono scritte nella Bibbia, ma per quanto meraviglioso possa essere questo luogo, Gesù sottolineò qual è la ricompensa che ci attende: contemplare la Sua gloria. Le nostre menti limitate non possono comprendere questa grande verità, tuttavia è la meta verso cui stiamo andando. Il mondo non ha questa beata speranza perché ha rifiutato di credere in Gesù, ma i Suoi discepoli hanno cono­sciuto il Padre per mezzo del Figlio ed hanno ricevuto la vita eterna.

 CON.

                  Se qualche volta abbiamo dubitato dell’interesse di Gesù per noi, dob­biamo soltanto leggere questa preghiera di intercessione per cambiare opinione e comprendere che il Suo amore e la Sua cura non vengono mai meno. Quando consideriamo il Suo interesse per questi primi discepoli ci rendiamo conto della grandezza del Suo amore: Egli li ammaestrò con pazienza, li perdonò, li incoraggiò e li inviò ad annunciare l’Evangelo. L’amore di Cristo per noi sorpassa l’amore terreno più grande che abbiamo mai potuto conoscere, poiché Egli ci ama nonostante le nostre mancanze e i nostri fallimenti. Tuttavia, quando realizziamo l’amore di Gesù nella nostra vita, siamo chiamati anche a mostrano agli altri creden­ti e così godere dell’unità nel corpo di Cristo. Questa dimostrazione d’amore reciproca attirerà i peccatori a Lui.                             

 C. Turco

 
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Nel giudicare altri, si giudica se stessi

Nel giudicare altri, si giudica se stessi

«Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato» (Luca 6,37).

 È possibile mettere in pratica questa parola del Vangelo? Non è forse necessario giudicare, se non ci si vuole arrendere di fronte a ciò che non va? Ma questo appello di Gesù si è profondamente inciso nei cuori. Gli apostoli Giacomo e Paolo, del resto così diversi, vi fanno eco quasi con le stesse parole. Giacomo scrive: «Chi sei tu che ti fai giudice del tuo prossimo?» (Giacomo 4,12). E Paolo: «Chi sei tu per giudicare un servo che non è tuo?» (Romani 14,4). Altre volte la parola “giudicare” significa distinguere, decidere, determinare, concludere, provare, e mettere in questione. Dio vuole che i credenti lo facciano e con amore, specialmente quando devono verificare se una predicazione o un insegnamento sia in linea con la Sua Parola. Paolo scrisse: “E prego che il vostro amore abbondi sempre più in conoscenza e in ogni discernimento, perché possiate apprezzare le cose migliori, affinché siate limpidi e irreprensibili per il giorno di Cristo” (Filippesi 1:9,10). Il Signore Gesù ci comanda ed ammonisce dicendo: “Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono verso di voi in vesti da pecore, ma dentro son lupi rapaci” (Matteo 7:15).  

Nel giudicare altri, si giudica se stessi. Quale profondo e smisurato senso di rammarico possiamo provare quando la nostra reputazione è sulla bocca degli stolti, non trova che infamia e crudeltà. L’uomo timoroso di Dio non prova altro che onorare Dio e di conseguenza la Sua creatura.  Non parla mai male degli altri, non criticare ma rispetta l’altrui anche se a volte non condivide il suo modo di parlare o vivere. Non siamo chiamati per distruggere ma, per costruire. Coloro che sono ripieni dello Spirito Santo, costruiscono, con il rispetto dovuto all’uomo. Con la saggezza venutaci da Dio, ma soprattutto con la preghiera di intercessione per tutti gli uomini.  Non giudicare: questa è un’affermazione secca e tipicamente evangelica. Fuori di questo contesto,  facilmente sentiremo dire: non giudicate male, non siate severi nel giudicare, non giudicate quando non vi riguarda la cosa o la persona. Gesù dice “non giudicare“: perché è impossibile che tu sia perfetto e di ogni imperfezione sarai giudicato e c’è una sola condizione per non essere giudicato sulle tue imperfezioni: quella di non giudicare nessuno. Sembra che Dio voglia lasciarsi legare le mani.

Nel giorno del giudizio Io non ti giudico se tu non hai giudicato. Vale a dire non ti posso condannare se tu non hai condannato; ma se tu hai condannato e mi chiedi di non condannarti io debbo applicare la legge che hai applicato tu: ti debbo condannare. Non giudicare e non sarai giudicato questa è l’ammonizione provvidenziale perché non c’è niente di più facile per noi che giudicare come non c’è niente di più antipatico, perfino odioso, che sentirsi giudicati e quando dico sentirsi giudicati intendo dire che veniamo disapprovati, rifiutati; comunque veniamo messi sulla bilancia e ritenuti negativi, anche se il giudizio, tutto sommato, alla fine può essere non molto pesante. Se volete giudicare, volete proprio sbagliare, ricordatevi il metro che userete sarà usato con voi. Non giudicate affatto e non sarete giudicati, ma se giudicate con misura generosa così sarà applicata a voi la misura. Questo nello stesso tempo ci dà respiro, ci solleva perché avremo modo di sfuggire al giudizio severo di Dio. Il nostro punto di riferimento, come sempre, è il Vangelo, il nostro codice di vita cristiana. Nel sermone sul monte Gesù sancisce a chiare lettere “Non giudicate e non sarete giudicati”, poi aggiunge che la misura che usiamo nei confronti degli altri sarà usata dal Signore nei nostri confronti; infine raccomanda di essere misericordiosi, se vogliamo avere anche noi misericordia.

Evidentemente le parole di Gesù riportate dal Vangelo hanno un significato molto importante: il giudicare equivale a non condannare. Quindi non è l’esercizio di un giudizio, ma dover decidere se una cosa è buona o non è buona. Indirettamente il Signore ci fa capire che per esprimere un parere dobbiamo sempre riferirci a lui, perché è bene ciò che è bene secondo il suo insegnamento, è male ciò che è contrario a ciò che ha predicato con la sua vita terrena.

E questo perché ogni giudizio è dato al Figlio di Dio. Non solo, Gesù ha il diritto che gli viene dal Padre, perciò nessuno può arrogarsi questo diritto. Ma non solo, esiste anche un motivo di equità, di coerenza per non giudicare. Ed è sempre Gesù che ci rammenta di evitare ogni forma di giudizio nel senso di condannare, ricordando la famosa frase “Se vedi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello non devi condannare e dire permettimi di toglierti la pagliuzza, quando invece abbiamo una trave nell’occhio“; perciò, Leviamo prima di tutto la trave che oscura i nostri occhi, solo allora saremo in grado di dire ai nostri fratelli di togliersi la pagliuzza.

Pastore Cesare Turco

 
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Pubblicato da su 20/07/2012 in Meditazioni

 

CRISTIANITA’ MARCHIATURE

Cristianità e marchiature

Il vero cristiano segue la legge di Cristo in tutta la sua interezza e l’accetta così come è, no a proprio piacimento scegliendo in essa delle parti oppure pensando di fare come al supermercato dicendo “scegliendo questo si e questo no”; non cerca di raggirare e coprire la parola di Dio interpretandola  secondo i propri interessi, trovando così una giustificazione ingannevole o addirittura aggiungendo un’altra dottrina. Nel vangelo secondo Marco 8:34 Gesù dice alla folla e ai suoi discepoli: «”…..Chiunque vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua,”>>

Certo, ogni persona ha la libertà di scegliere lo stile di vita da seguire, ma bisogna essere anche coerenti. Chi afferma di essere cristiano, se lo è veramente, mette al primo posto Cristo pur di rinunciare a se stesso, e lo dimostra conducendo in maniera “cristiana” la propria vita, mostrando “i frutti” che testimoniano la sua fede. Gesù afferma nel vangelo secondo Luca 16:13 Nessun servo può servire a due padroni; perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro; voi non potete servire a Dio e a mammona».

Il Signore infatti, parla anche di coerenza il vangelo secondo Matteo al 5:37 ma il vostro parlare sia: Sì, sì,  no, no; tutto ciò che va oltre questo, viene dal maligno.Negli ultimi tempi sembra difficile capire dove c’è verità e dove invece, si è insinuata la menzogna. Prendendo in considerazione la moda di oggi, in particolare, verso i tattoo (o meglio i tatuaggi) e i piercing (che tradotto dall’inglese ne deriva “pratica delle incisioni”). Fa riflettere molto il passo di levitico cap. 19 ver. 28 in cui è scritto: Non farete incisioni nella vostra carne per un morto, né farete alcun tatuaggio su di voi. Io sono l’Eterno.

Questo ordine fu dato dal Signore al popolo eletto, in quanto c’era nelle vicinanze un altro popolo che praticava dei rituali religiosi con tatuaggi e incisioni verso un dio pagano, in particolare nei funerali. Il “Popolo Eletto da Dio” non doveva e non deve assimilare usanze idolatre e riti che non appartengono al Signore come viene anche confermato in Deuteronomio 14:1,2  “«1.Voi siete i figli dell’Eterno, il vostro DIO; non vi farete incisioni e non vi raderete tra gli occhi per un morto; 2. poiché tu sei un popolo santo all’Eterno, il tuo DIO, e l’Eterno ti ha scelto per essere un popolo suo, un tesoro particolare fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra.”

Oggi tatuaggi e i piercing sono divenuti più che altro dei rituali sociali, ma non indispensabili; i motivi più comuni che portano una persona a segnare il proprio corpo possono ritrovarsi per seguire una certa moda o per decorare il proprio corpo con degli ornamenti estetici; per imitare qualche personaggio famoso; per trasgressione cercando di distinguersi dagli altri, ricreando un’identità con un marchio di appartenenza, verso a un gruppo o club di cui si fa parte, simboleggiando, insomma, una certa gerarchia per incutere timore, verso altri individui. Nell’Antico Testamento ci sono altri divieti simili mentre nel Nuovo Testamento vi è l’istruzione che il nostro corpo è il Tempio dello Spirito Santo, quindi occorre curarlo e onorarlo, con lo stesso amore rivolto al Signore, come è scritto in 1 Corinzi 6:19-20

19 Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale voi avete da Dio, e che voi non appartenete a voi stessi? 20 Infatti siete stati comprati a caro prezzo, glorificate dunque Dio nel vostro corpo e nel vostro spirito, che appartengono a Dio.

Alcuni studiosi affermano che i tattoo e i piercing, si riferiscono solo nei funerali, e chi si ostina di inciderli sul proprio corpo trova su questo una sua giustificazione. Spesso s’ignorano i loro significati e i loro messaggi che possono trasmettere, con il rischio che un credente può essere di scandalo o di pettegolezzi, se tali messaggi, in apparenza innocui, possono diffondere tale credo. È meglio occuparsi principalmente di cose che riguardando la gloria di Dio, come afferma Paolo in 1Corinzi 10:31,32e33 31 Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun’altra cosa, fate tutte le cose alla gloria di Dio. 32 Non date motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla chiesa di Dio; 33 come io stesso mi sforzo di essere gradito a tutti in ogni cosa, non cercando il mio proprio vantaggio ma quello di molti, affinché siano salvati.

Un seguace di Cristo ha il compito di diffondere la Parola di Dio come una semina e darne anche testimonianza, no per il proprio vantaggio ma portando buon frutto a Dio, e lo si nota perché risplende come una luce davanti alle persone. Come dice Gesù nel vangelo secondo Matteo 5:16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli».

E anche nel vangelo secondo Luca 11:36 Se quindi tutto il tuo corpo è illuminato senza avere alcuna parte tenebrosa, tutto sarà illuminato, come quando la lampada ti illumina col suo splendore».

Di conseguenza un vero cristiano deve valutare se alcune pratiche, come i tatoo e i piercing, possono oscurare la sua credibilità di essere portavoce di Cristo. I tatuaggi cosiddetti “religiosi”, evocano messaggi in realtà pseudo-cristiani, e chi se li fa, si ritiene un cristiano devoto, ma il vero cristiano si alimenta della parola di Dio e di preghiere, e non necessita di marchiare o etichettare sul proprio corpo immagini o simboli, per garantire la  sua provenienza, come alcuni prodotti in commercio anche marchiati, si ha la spiacevole sorpresa di trovarsi davanti a dei tarocchi. Da questo esempio si capisce che tali pratiche non garantiscono “l’integrità spirituale”. E’ scritto in Deuteronomio 4:23,24 “23 Guardatevi dal dimenticare il patto che l’Eterno, il vostro DIO, ha stabilito con voi, e dal farvi alcuna immagine scolpita nella forma di qualsiasi cosa che l’Eterno, il tuo DIO, ti abbia proibita. 24 Poiché l’Eterno, il tuo DIO, è un fuoco consumante, un Dio geloso.”

Il Signore lo fa ricordare anche in Deuteronomio 5:8-9 8 Non ti farai scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. 9 Non ti prostrerai davanti a loro e non le servirai, perché io, l’Eterno, il tuo DIO, sono un Dio geloso che punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano,

Il Signore vuole che il Suo popolo non lo dimentichi, e non adori cose che sono sulla terra in acqua e nei cieli, perché sa che questo provoca la trascuratezza e l’idolatria. Infatti i tattoo sono molto appariscenti ma tendono ad adorare più il mondo che a Dio, portando a far guardare l’esteriorità, cosa che Dio non insegna, ma insegna di guardare nella sostanza, dritto al cuore. Oggi la moda moderna tende ad allontanare l’uomo da Dio con le cose del mondo, la bibbia ne parla chiaramente in 1Giovanni 2:15 Non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui,

Il cristiano fedele ha i suoi occhi verso Dio vive di semplicità e non di cose eccessive, e si dedica anche delle cose comuni con fratelli e sorelle della chiesa di cristo come è scritto in Atti 2: 42a48 “42 Essi erano perseveranti nel seguire l’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nel rompere il pane e nelle preghiere. 43 Ed erano tutti presi da timore; e molti segni e miracoli si facevano per mano degli apostoli. 44 Or tutti coloro che credevano stavano insieme ed avevano ogni cosa in comune. 45 E vendevano i poderi e i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46 E perseveravano con una sola mente tutti i giorni nel tempio e rompendo il pane di casa in casa, prendevano il cibo insieme con gioia e semplicità di cuore, 47 lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. E il Signore aggiungeva alla chiesa ogni giorno coloro che erano salvati.”

Il discorso in questione non crei delle perplessità o “scoraggiamento” verso il cammino cristiano, piuttosto una riflessione che metta nero su bianco, su cosa dice e non dice “la Parola”. Per chi ha tatuaggi o altro del genere, e ritiene alla fine che queste pratiche non siano conformi al cristianesimo, non è il caso di  auto commiserarsi. La miglior cosa sarebbe toglierli se si ha la possibilità, o al limite non metterli in mostra, e non siano una giustificazione che permette di farne altri, pensando  “ormai  ne ho, qualcuno più non lo nota nessuno”. Il Signore ci conosce più di noi stessi: sa chi si ravvede, e chi tende a concentrarsi sull’ammirazione delle persone, nonostante ciò per la sua misericordia, tende le sue braccia aperte a chi sono mancanti verso di Lui, ma che lo cercano in continuazione per la sua graziA.

Francesco Tramontano

 
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Pubblicato da su 03/06/2011 in Meditazioni

 

MESSAGGERI E GUIDE SPIRITUALI

Messaggeri e guide spirituali

E’ opportuno sottolineare principalmente la particolarità delle nostre comunità, inguanto luoghi di Culto dove anime rigenerate si radunano per offrire la lode nel Culto al Signore, ma in questi ultimi tempi mai come prima, le nostre Chiese sono frequentate da persone cristiane e simpatizzanti, che provengono da paesi e nazioni di cultura e usi e costumi diversi. Spesso il pastore diventa il mediatore tra cristiani, i quali  hanno in comune solo la fede, mentre la loro prassi è completamente diversa. E non solo la prassi, ma anche il modo di celebrare il Culto, così come spesso il decoro del luogo che ci ospita, possono unire o separare i fedeli. Qui subentra la guida Divina che necessita indispensabilmente sul pastore e sulla comunità che cura, questi devono con l’aiuto di Dio, cercare di  rimediare a tali diversità esteriori, concentrando tutto sull’evangelizzazione del popolo di Dio, ruolo principale del ministero pastorale.  “Perché se io evangelizzo, non ho da trarne vanto, poiché necessità me n´è imposta; e guai a me, se non evangelizzo!  Se lo faccio volenterosamente, ne ho ricompensa; ma se non lo faccio volenterosamente è pur sempre un´amministrazione che m´è affidata.  Qual è dunque la mia ricompensa? Questa: che annunziando l´Evangelo, io offra l´Evangelo gratuitamente, senza valermi del mio diritto nell´Evangelo.  Poiché, pur essendo libero da tutti, mi son fatto servo a tutti, per guadagnarne il maggior numero;  e coi Giudei, mi son fatto Giudeo, per guadagnare i Giudei; con quelli che  son sotto la legge, mi son fatto come uno sotto la legge (benché io stesso non sia sottoposto alla legge), per guadagnare quelli che son sotto la legge;  con quelli che son senza legge, mi son fatto come se fossi senza legge (benché io non sia senza legge riguardo a Dio, ma sotto la legge di Cristo), per guadagnare quelli che son senza legge.  Coi deboli mi son fatto debole, per guadagnare i deboli; mi faccio ogni cosa a tutti, per salvarne ad ogni modo alcuni.  E tutto fo a motivo dell´Evangelo, affin d´esserne partecipe anch´io”I Cor. 9, 16-23).

 Queste parole di Paolo definiscono il ruolo principale delle comunità cristiane, che non hanno altro interesse oltre alla loro edificazione, l’evangelizzazione dell’uomo e del mondo. Ovviamente la quasi tutta la fratellanza che si raduna nella propria chiesa, ha sperimentato la nuova nascita mediante la grazia di Dio, ricevendo il sano indottrinamento biblico. Però tanto il nostro momento, quanto la particolarità di quanti frequentano le nostre comunità (es. persone che vengono da paesi che fino a ieri si proibiva l’insegnamento biblico necessario), dovrebbero spingere il pastore e la propria comunità, ad una riscoperta della sostanza della vita Cristiana nella vita quotidiana, nella conoscenza profonda della fede e nella testimonianza del comportamento fedele in un mondo, che ha necessità di tutto questo. Così, oggi la comunità locale, dovrebbe essere considerata non come un luogo geografico, ma come un luogo dove tutte le anime, indipendentemente dalla loro cultura o nazionalità, possono  trovare il riposo spirituale e possono affidare al Signore i loro carichi di vita quotidiana.

Spesso siamo invasi dal  pessimismo, che viene incoraggiato dalle difficoltà, che la vita spirituale porta con sé, oltre allo stato dell’uomo, che vive in una società, dove il culto della carne e del materialismo lo dominano totalmente. Non prossimo, ne dobbiamo permettere per nessuna ragione che il nostro cure quali pensiero e sentimento, invalidano il doveroso compito di servitori di Dio, di adempire il grande mandato del nostro Signore Cristo Gesù: «…Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura” (Mar.16:15).  

 E’ implicito che non si sta mettendo in discussione  l’incapacità dei pastori e del diaconato, o di non aver inteso bene la nostra missione, essendo certi e tenendo in considerazione che la nostra capacità viene da Dio “Non già che siamo da noi stessi capaci di pensare qualcosa come se venisse da noi; ma la nostra capacità viene da Dio” (2.Cor.3:5),   tuttavia, non va escluso purtroppo che, spesso viene considerato come  missione, solo la celebrazione del Culto e la cura  unicamente di coloro che ci stanno vicino, “abbandonando”, forse “inconsapevolmente” così, la sostanza della missione, che invece è basata nell’avvicinarsi alla pecora smarrita, che oggi non è la una, ma le novantanove. Confutare la missione di cui la Chiesa ha avuto il mandato è una insolvenza per la vita cristiana e qui non parliamo di un dinamismo di tipo occidentale, il quale considera il pastore, colui che offre da solo attraverso il ministero della Sacra Parola di Dio, l’edificazione delle anime, elogiando la buona testimonianza  del singolo credente, oppure invitando al cambiamento del comportamento degli uomini attraverso l’invocazione della paura e della mancanza di santificazione, ma di un portamento che vuole mostrare attraverso la rigenerazione prodotta dall’opera dello Spirito Santo, la dignità della vita cristiana, come vengono vissuti originariamente nel Vangelo, le vere missioni, manifestate attraverso il carattere totalmente cristiano, austero e comunitario delle nostre Chiese.   

Oggi le comunità cristiane, per essere dei veri luoghi di accoglienza, devono avere tre punti principali, primo, l’ubbidienza alla Parola di Dio, secondo, il desiderio di crescere o maturare secondo l’invito dell’apostolo Pietre (2Piet.3:18), terzo, il desiderio di essere simili a Cristo.  Il ritrovamento della sostanza dell’ubbidienza alla Parola di Dio, non riguardo solo i fedeli, ma per tutto il mondo è una cosa necessaria per la Chiesa  oggi. Nello stesso modo, l’aspirazione di essere simili a Cristo, che ha come punti principali l’allontanamento dall’egoismo, dalla concupiscenza, dalla lotta contro le passioni, in quanto sono “scandalo e pazzia”, in un’epoca, dove tutto si può fare, danno il vero senso non solo alla vita cristiana, ma aiutano anche a risolvere i problemi, che nascono nei rapporti personali e collettivi. Infine, il ritorno allo spirito collettivo attraverso la vita comunitaria, dove si incontra la singola anima e il gruppo durante il Culto al Signore, ma anche attraverso la filantropia, sarà l’antidoto contro un infinito individualismo, che priva la gioia della comunione con Dio e con il vicino e mettendo a rischio, poi, la salvezza dell’anima. 

Per poter concretizzare definitivamente la missione che il nostro Signore Gesù Cristo ci ha per grazia affidato, ci serve l’indispensabile  guida dello Spirito Santo che ci suggerisce per mezzo della Sacra Scrittura la sana dottrina. Più di ogni altra volta in passato, il cristiano è un servitore del Signore, oggi, deve impegnarsi, a incontrare l’anima nella sua gioia, nella sua tristezza, nei suoi problemi e difficoltà, nella malattia, nel lutto, nella caduta e nella depressione, che provengono dai suoi peccati e portare a questi il messaggio del Vangelo. Ciò significa, che questa missione, senza imitazione del Nostro Signore Gesù Cristo, come buon Pastore, che conosce il suo gregge e il gregge conosce Lui e sacrifica la Sua vita per esso, non può avvenire. Nello stesso momento, è  necessario la sana dottrina e l’insegnamento. I cristiani oggi, devono parlare e conoscere sempre più la verità della Fede, che va trasmessa in ogni situazione, parallelamente, questi, devono essere in contatto  con la loro epoca e la realtà odierna.

Non si può negare a priori la civiltà contemporanea, anzi, bisogna concepire il suo assetto per poter così depositare le fondamenta dell’Evangelo e di poter così essere convincenti.  L’insegnamento principale della Chiesa, insieme alla sana dottrina è anche la il messaggio dell’Evangelo. Qui, parliamo di un messaggio, che sa rispondere ai bisogni quotidiani. Un messaggio proveniente dalla dallo Spirito Santo, sa rispondere a tutto quello di cui, l’anima necessita essenzialmente. Quando la potenza Divina, unge le labbra del messaggero di Dio, lo stesso messaggio breve o lungo che sia, diventano balsamo ed incoraggia  la vita dei fedeli, cosa che chiedono quest’ultimi. In contrapposizione, un messaggio, senza unzione, risulterà inefficace e inutile. Quest’ultimo modo di annunciare Cristo Crocifisso è controproducente per gli stessi cristiani che vengono mal caratterizzato. Il messaggio dell’Evangelo viene così a far parte inseparabile del Culto, dove il Sommo Pastore incontra e ammaestra il suo gregge. Nelle nostre chiese,  vengono le persone per pregare, per lodare Dio e qui la comunità diventa realmente luogo di accoglienza. L’uomo viene a pregare e per pregare deve avere l’ambiente necessario e questo ambiente è il pastore insieme alla fratellanza del posto che la crea. Tante volte un comportamento sbagliato può portare ad un allontanamento definitivo delle persone dalla Chiesa.

La migliore organizzazione delle celebrazione e il culto relativamente alle offerte, che i fedeli danno, che non solo sono necessarie per la vita della comunità locale, ma permettono a quest’ultima di collaborare nel sostenimento di missionari e predicatori inseriti nell’organo dell’opera di Dio, inoltre, aiutano la persona a capire il senso dell’offerta, in quanto la chiesa non appartiene soltanto a pochi, ma è aperta a tutti, poiché la chiesa è un porto aperto a tutte le navi,  anche a quelle, che sono passate attraverso situazioni particolari di vita. Il tema fondamentale per attuare tutto ciò, è la preparazione  del pastore e della comunità che cura, la formazione e l’educazione di questi, non deve essere soltanto teologica e idilliaca.

Il dialogo con la scienza, l’economia, l’arte e la società, sono necessarie, se si vuol capire il mondo in cui si vive e si attua il presupposto bucolico. Così il Pastore e la comunità che cura, saranno sempre pronto a dare le coerenti posizioni ecclesiastiche ad ogni domanda posta dai fedeli.   Non è facile, che la chiesa diventi un luogo di accoglienza per tutti i fedeli.  Ci vuole un continuo sforzo poter funzionare nella realtà della nostra epoca e dare la nostra testimonianza, ma non bisogna mai dimenticare ne ignorare che abbiamo il conforto delle parole di Nostro Signore: “Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo”(Mat 28,20) e la trasformazione dell’uomo in un mondo dove regna la Resurrezione di Cristo e la Grazia dello Spirito Santo, sono la sostanza della nostra storia, dandoci la forza di lottare senza paura e con tanta speranza, attraverso il  nostro impegno, con l’aiuto della Grazia di Dio, la nostra missione, continuerà. D’altronde: “…La mia Potenza si esprime nella debolezza” (Cor 12,9) . Basta che la nostra debolezza non si ingigantisca a causa della nostra apatia e mancanza di voglia di lottare.

Pastore Cesare Turco

 
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Pubblicato da su 18/05/2011 in Meditazioni